Laboratorio teatrale

Non si vede bene che col cuore,

l’essenziale è invisibile agli occhi

Antoine de Saint-Exupéry

E’ proprio dall’essenziale, dal concetto intimo e puro dell’arte drammaturgica, che il Nostro laboratorio teatrale ha deciso di muovere i primi passi, come un pargolo che, anche se instabile (per i secoli di distanza), si avvicina alla propria madre con braccia tese e sorriso fanciullesco.

Forti di quest’ideale di rinascita, pur consci della difficoltà che avrebbe comportato, ci siamo misurati con il tema dell’abbandono, quantomai attuale, colorato nella sua tinta più forte e tragica: il Filottete.

Di vitale importanza si è ritenuto il portare in scienza il testo sofocleo; oggi, forse, si è dimenticato il significato originale di teatro – ormai divenuto quasi esclusivamente attività mondana – ma, fortunatamente, non completamente: nell’antica Grecia quest’arte era rivestita di patina politica nella sua accezione più democratica. Il teatro, infatti, era luogo di dibattito, riflessione, scontro-incontro fra non solo dimensione individuale e comunità, ma anche fra polis e polis.

Proprio a voler quindi recuperare questo vetusto valore, abbiamo fatto del Filottete la nostra bandiera per promuovere e portare all’attenzione collettiva uno dei temi più pregnanti della nostra attualità che, nonostante l’incommensurabile importanza, non occupa un posto degno nel sentire comune: l’isolamento, la solitudine, l’impatto psicologico che questi nodi tragici hanno sul singolo così come sulla comunità non possono essere trascurati. Testimone della loro valenza universale e metatemporale è proprio la tragedia sofoclea che, dal 409 a. C. fino ai giorni nostri, non ha cessato di muovere a compassione gli animi dimostrando come l’emarginazione del singolo – perché ritenuto diverso o anzi un peso per la collettività – sempre si riveli essere una dolorosa lacerazione sanabile solo mediante la riconciliazione.

Per approfondire come questa tematica sia radicata e di importanza vitale per i ragazzi che hanno dedicato tempo ed energie alla rinascita della classicità, riportiamo alcune risposte che, sebbene fornite da singoli attori, possono essere specchio del sentire comune del Nostro Liceo:

Ti rispecchi nel tuo personaggio?

Rispecchiarsi nel personaggio che si interpreta non è affatto facile, spesso bastano pochi dettagli per sentirsi distante dal proprio ruolo. D'altronde si tratta come di una seconda vita, quella sul palco, breve quanto intensa. Per quanto riguarda la mia esperienza devo dire di essermi abbastanza trovato nel personaggio di Neottolemo, un giovane che obbedisce agli ordini ma che sa difendere la propria concezione del bene e del male, del giusto e dello sbagliato. Un personaggio che si ribella a una gerarchia rispettata da secoli in nome dei suoi ideali e del bene di una persona. Al giorno d'oggi è quasi un’utopia, una forma di purezza considerata praticamente ridicola, contando il valore che ha oggi il tornaconto personale, ma verso la quale nutro un profondo rispetto e verso la quale cerco di muovermi, nella speranza che un giorno ognuno possa trovare dentro di sé una piccola parte di Neottolemo.

Jacopo Brengio - Neottolemo

Un singolo personaggio è stato diviso tra più attori: trovi che sia un modo per conferire al personaggio stesso molteplici sfumature caratteriali?

Sicuramente è stata una scommessa, un passo verso l’incerto, che però – come ho potuto constatare guardando negli occhi gli spettatori mentre recitavo – è risultato efficace: la mia interpretazione di Ulisse è stata completamente differente da quella di Martino Lauretta e proprio questo, la diversità delle nostre performance, è stato il valore aggiunto, quel quid che ha conferito al personaggio una profondità psicologica unica che lo ha reso non piatto e classico, bensì innovativo, a tuttotondo.

Non è stato facile scegliere quali aspetti sottolineare e quali invece tralasciare dal momento che, in primo luogo, in un modo o nell’altro mentre si recita bisogna fare i conti con la propria personalità che non sempre risulta di facile analisi e, in secondo luogo, non si può dimenticare che allo spettatore deve risultare cristallino il “passaggio del testimone” tra un attore e un altro. Il risultato di questo finissimo lavoro non era garantito, ma, nonostante il rischio, posso dire che siamo usciti vincitori dalla sfida e, nel contempo, speriamo di aver arricchito i personaggi da noi interpretati con anche solo un accenno di colore derivante dalla nostra personalità.

Clarissa Cascardo - Ulisse

Trovo che far interpretare a diverse persone lo stesso ruolo sia un metodo valido per arricchire il personaggio e sostanziarlo di nuove sfumature, ma anche una sfida per gli attori: mettere a disposizione varie parti della propria personalità senza farle sembrare necessariamente identiche, rendendo il personaggio il più variopinto e poliedrico possibile.

Eugenio Vecchione - Filottete

Perché ti sei iscritto al laboratorio teatrale?

Il laboratorio teatrale è un'attività che mi ha colpito fin da subito perché offre la possibilità di imparare a recitare e al contempo conoscere nuove persone. In particolare ho deciso di iscrivermi dopo una lezione di Greco durante la quale abbiamo parlato e analizzato il teatro antico: non solo un luogo di intrattenimento, ma anche di apprendimento e riflessione. Dopo aver sperimentato sulla mia pelle questa stimolante attività sono sicurò che parteciperò anche il prossimo anno!

Valentino Bottiero - membro del coro

Mi sono iscritto al laboratorio teatrale in quanto lo reputo utile ad apprendere come stimolare l'attenzione delle persone a cui ci si rivolge ed a gestire la paura di parlare ad un pubblico. Inoltre desideravo imparare alcune tecniche di recitazione per addentrarmi di persona in un'arte che mi ha sempre affascinato.

Matteo Missiaglia - onda

Credi che il teatro antico di Libarna sia un luogo adatto per la rappresentazione?

Assolutamente sì. È una ambientazione minimale, perfetta perché da una parte contribuisce a creare l'atmosfera adatta a un dramma classico, dall'altra non "ruba la scena" agli attori, permettendo al pubblico di concentrarsi al meglio sull'azione che si sta svolgendo.

Credo che le sue dimensioni ridotte siano al tempo stesso una criticità e un punto di forza. Limitano sicuramente la libertà di movimento degli attori ma al tempo stesso permettono di avere un ambiente raccolto, facilitando il coinvolgimento del pubblico.

Matilde Massone - membro del coro

Reputi un disagio il dover recitare con così poco pubblico?

No non sono stata a disagio, tutt’altro. Mi è sembrato invece di essere davvero consapevole e lucida, come in una relazione di condivisione con gli ascoltatori. Non mi sono sentita giudicata ma circondata da persone pronte ad ascoltare, attraverso di me e le mie parole, una grande storia.

Eleonora Focante – Filottete

Il termine "disagio" non lo trovo propriamente giusto. Aver la possibilità di recitare davanti al pubblico, per quanto piccolo o grande sia, è pur sempre un bel vantaggio. Una bella esperienza che rimane nel cuore e nella mente. Ma nonostante questo ho certamente le mie preferenze. Essendo una persona, lo ammetto, abbastanza esibizionista, essere di fronte ad un pubblico più vasto è la cosa migliore per me. D'altra parte, se gli spettatori sono pochi è comunque un ottimo allenamento nella recitazione, soprattutto se si tratta di una vera e propria messa in scena. Detto questo è necessario comprendere che ogni spettacolo è davvero importante per noi attori, poiché non facciamo quasi mai attenzione al numero di chi ci osserva. La nostra è soprattutto Un'esperienza personale, che un giorno potrà diventare la nostra carriera

Giada Perini - Filottete

Ti è piaciuta la scelta della regia minimalista?

Ho molto apprezzato la scelta minimalista proposta da Laura Gualtieri, la nostra maestra e regista, poiché rispetta appieno il vero senso della classicità, non a caso definita nel Settecento “nobile semplicità”. Sicuramente, la consapevolezza di non poter fare affidamento su particolari oggetti scenici e scenografie complesse ha reso necessario curare ogni particolare con maggiore attenzione, soprattutto i movimenti dei personaggi e del coro su cui era convogliata tutta l’attenzione degli spettatori. Libere da ogni superfluo ornamento, le parole di Sofocle hanno potuto risuonare nell’antico teatro con limpidezza e speriamo di essere riusciti, almeno in parte, a imprimerle nell’animo di ogni astante.

Beatrice Bottiero - Neottolemo