PRIMO MAGGIO

Giudice: Spiegate piuttosto alla Corte, Brodskij, perché non avete lavorato nelle pause fra un lavoro e l'altro.

Brodskij: Ho scritto poesie. Ho lavorato.

Giudice: Ma nello stesso tempo avreste anche potuto lavorare.

Brodskij: Io ho lavorato. Ho scritto poesie.

Giudice: Però v'è gente che lavora nella vostra azienda e scrive poesie. Che cosa ha impedito a voi di fare altrettanto?

Brodskij: Ma gli uomini non sono uguali. Persino il colore dei capelli, l'espressione della faccia... Giudice: Questa non è una scoperta vostra. Lo sanno tutti. Però spiegateci piuttosto, quale parte avete avuta nel nostro grande movimento per l'affermazione del Comunismo.

Brodskij: All'affermazione del Comunismo non si arriva soltanto stando al banco della produzione o coltivando il terreno. Anche il lavoro intellettuale.

Giudice: Lasciate le grandi frasi. Rispondete, piuttosto: come pensate di svolgere la vostra attività lavorativa in avvenire?

Brodskij: Volevo scrivere poesie e tradurre. Però, se questo è in contrasto con qualche norma universale, seguirò una attività lavorativa fissa e nondimeno scriverò poesie.

L'assistente Tyaglyi: Tra noi, tutti si lavora. Come avete potuto fare il fannullone per tanto tempo?”

Questo è un estratto degli atti del processo in cui Iosif Aleksandrovič Brodskij, poeta e premio Nobel per la letteratura nel 1987, venne condannato in Unione Sovietica, nel 1964, a cinque anni di lavori forzati per “parassitismo”. Per certi versi è molto difficile stabilire, oggi, cosa sia lavoro e cosa non lo sia: non abbiamo le idee chiare come il giudice che ha condannato Brodskij. Certo, il Primo maggio è la Festa del lavoro, e lavoro per noi è anzitutto, ma non solo, quell'attività che contiene il “diritto ad una retribuzione proporzionata […] e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.” Lo dice l'articolo 36 della Costituzione. E sappiamo quante persone non hanno lavoro, in questo senso. Perchè non hanno attività retribuita, oppure perchè non hanno una retribuzione proporzionata e sufficiente. Perchè non lavorano in condizioni di benessere, rispetto, sicurezza. Dobbiamo, come comunità e oggi, pensare anzitutto a loro. Soprattutto ai più giovani di loro. E al loro diritto ad avere un lavoro dignitoso, compreso quello di scrivere poesie.

Ma, davvero, lavoro non è solo questo. C'è un lavoro sociale diffuso, quello che crea la rete di solidarietà che ci istituisce. Come ha detto il sociologo Emile Durkheim, questo «oltrepassa infinitamente il campo degli interessi economici [...]. Individui che altrimenti sarebbero indipendenti sono vincolati reciprocamente: invece di svilupparsi separatamente, essi concertano i loro sforzi; sono solidali e la loro solidarietà non agisce soltanto nei corti istanti in cui vengono scambiati dei servizi, ma si estende ben al di là di essi.» Dobbiamo parlare, oggi, anche di tutti coloro che lavorano senza compenso economico per tenere insieme il mondo, preservarlo, renderlo degno e bello? Io credo di sì. Oggi è anche la festa del volontariato, delle donne e degli uomini di buona volontà. Di tutti i volontariati, anche quelli invisibili, quelli che fate con un gesto di amore verso qualcun altro, in qualunque momento, anche quello più imprevisto e incidentale. Anche del volontariato di chi un lavoro ce l'ha, ed è dignitosamente retribuito, ma nel suo lavoro mette solidarietà e amore e dignità e bellezza, senza dovere né compenso alcuno, ma solo perchè in questo si riconosce. Questo, tutto questo che vi ho elencato, è poesia concreta, realizzazione di sé nel mondo e realizzazione del mondo.

Buon Primo Maggio a tutte e a tutti, dunque, con l'augurio che nella vostra attività lavorativa fissa vi sia sempre spazio e tempo per fare poesie: siano esse scritte nella parola o nel mondo.

Michele Maranzana