Messaggio del dirigente


Sono stato molto pensoso, in questi giorni, sulle parole da rivolgervi.

Ho letto pensieri bellissimi, scritti da insegnanti e dirigenti ai bambini e ai ragazzi, a tutti i lavoratori delle comunità scolastiche. Anche professori universitari hanno fatto questo,  e organizzatori di eventi culturali, artisti: oltre naturalmente ai rappresentanti delle Istituzioni. Si dicono molte parole importanti per esortare, rassicurare,  unire.

Così ho deciso di scrivervi solo ciò che ho avvertito e sento profondamente.

Mentre ascolto lo stillicidio di dati della Protezione civile, mi viene in mente un autore che amo molto, Cesare Pavese, per il quale “chi siamo e a che cosa crediamo viene fuori davanti al disagio, nell’ora arrischiata”. In questo momento difficile suscita paura la vicinanza di un altro essere umano, lo stare insieme viene associato al pericolo, ognuno vorrebbe solo un rifugio per proteggere sé e i propri cari. Ma allo stesso tempo ci sono persone che ogni giorno si allontanano dalla propria casa e si assumono rischi di contagio per curare e accudire chi ha bisogno, o semplicemente per fare il proprio dovere in un posto di lavoro, per fare in modo che la società continui a vivere. E dopo avere fatto tutto questo, magari dedicano anche ore a progettare il futuro o ascoltare chi si sente solo.

 Mi sono chiesto cosa tiene insieme simili gesti preziosi. La risposta possibile è che per tutte queste persone “noi” esiste, ed è più forte di “io”: trascurano “io” per  “noi”. Alcuni dicono sia un istinto della specie, altri il frutto dell'educazione.  Non credo sia importante stabilirlo. Quel che conta è che “noi” c'è, indiscutibilmente.

E in queste due settimane di lavoro e preoccupazione con tutti voi, famiglie, ragazzi, ATA e docenti dell'Amaldi, ho sentito quanto è forte il “noi” di questa comunità, ne ho respirato la tenacia, il senso di responsabilità. Volevo trasmettervi il mio orgoglio di farne parte e la mia gratitudine, dirvi di continuare così, di non lasciare nessuno solo dentro e anche fuori di essa. E alla domanda “perché” non posso parlare altrimenti dai costruttori di  Tecla, una delle Città invisibili di Italo Calvino, i quali, interrogati su quale sia il progetto: “te lo mostreremo appena termina la giornata; ora non possiamo interrompere, - rispondono. Il lavoro cessa al tramonto. Scende la notte sul cantiere. È una notte stellata. - Ecco il progetto, - dicono.”

Michele Maranzana