La notte del classico 2020
Venerdì 17 gennaio, per il terzo anno consecutivo, il liceo "Amaldi-Doria" ha preso parte alla Notte Nazionale del Liceo Classico. Al teatro “P. Giacometti” di Novi Ligure, dalle 19:00, si è svolta una serata caratterizzata da numerosi piccoli interventi ed un unico filo conduttore: l'οικος.
Difficile trovare a questa parola un'esatta traduzione in italiano, impossibile renderla in tutte le sue sfumature; il vocabolario di greco Rocci propone, ad esempio, "casa", "beni", "patria" e "stirpe". A noi ragazzi, quest'anno, è stata offerta l'opportunità di organizzare l'evento, seguirne la nascita e la crescita sotto l'occhio vigile dei professori, che hanno elargito consigli preziosi senza mai porre limitazioni. L'obiettivo è stato quello di sempre: dimostrare l'attualità dei classici, che, secondo lo scrittore Italo Calvino, "non hanno mai finito di dire quel che hanno da dire". Anche con leggerezza, si può entrare in contatto con pensieri e parole di secoli fa, scoprendoli talvolta straordinariamente affini ai propri.
Quella di venerdì è stata anche una serata all'insegna della memoria.
In primo luogo, la memoria collettiva di una civiltà che riconosce le proprie radici e va in cerca delle sue origini. Il liceo classico, infatti, si dedica soprattutto allo studio del passato; nelle sue aule il tempo si ferma, per essere ricondotto indietro quel tanto che basta. È straordinario che ciò avvenga in un mondo spesso troppo veloce, dove fermarsi, a guardare, ascoltare, riflettere, comporta il rischio di rimanere indietro.
Ma sento che in qualche modo, con questa nostra terza edizione della Notte del Classico, la memoria sia stata anche costruita. Non intendo ovviamente riferirmi a quella collettiva, più semplicemente invece ai ricordi del singolo individuo. È cosa nota che, per noi ragazzi, gli anni del liceo siano straordinariamente intensi: sono quelli della crescita, in cui non solo si diventa adulti ma anche si decide che tipo di persona si vuole essere. In questo senso, il liceo "Amaldi-Doria" si impegna da sempre per fornire ai suoi studenti il maggior numero di stimoli possibile, con incontri, viaggi e attività teatrali. Così, con la serata di venerdì abbiamo aggiunto qualcosa di nuovo a tutti i bellissimi ricordi che, ripensando un giorno a questi cinque anni di scuola, ci torneranno alla mente.
Matilde Massone III AC
“Forse s'avess'io l'ale”
Riflessione della Prof.ssa Patrizia Fava
docente di Lettere presso il Liceo classico
Un giovane G. Leopardi nel 1819 scrive al padre una lettera struggente nella quale gli chiede, con molto garbo e con rispetto d’altri tempi, di potersi rendere economicamente indipendente, di lavorare!
Ha già composto “Entro dipinta gabbia”, una poesiola ben lontana dai vertici che raggiungerà, ma estremamente significativa della sua precoce e vivissima ansia di libertà; se questo può risultare scontato a chi conosca anche in maniera generica l’esperienza biografica e letteraria dell’ineguagliabile poeta recanatese, può sorprendere, invece, una seconda, ma non meno vibrante, richiesta che emerge dalla sopracitata lettera: il giovane Giacomo lamenta che il padre non riconosca, unico a quei tempi, lo straordinario talento del figlio, la sua prepotente e inarrestabile inclinazione alla poesia. Desideri giovanili, sostantivo non casualmente legato alle stelle per la radice etimologica che possiede (“de-sidera”, ossia “sto giù” –“de”- “a guardare le stelle” – “sidera”). Tutta la sua esistenza, e soprattutto la trascrizione letteraria che ne offre, si spenderà, a prezzo persino della sua stessa salute, nello sforzo incessante e prometeico di invitare il suo lettore, soprattutto quello più giovane, a non desistere dal “mirare” le stelle (ben più di un semplice “guardare”, quasi un “prendere la mira”), in pratica dal nutrire i sogni.
A noi adulti, invece, giunge inequivocabile l’invito a non costruire gabbie per i nostri ragazzi, neppure dorate: l’oro non li abbaglia, la luce delle stelle sì: là vedono i loro sogni; offriamo strumenti affinché li perseguano e li nutrano correttamente; la cultura ne costituisce il primo alimento, perché sostanziosa, per quanto incapace di produrre sazietà ma, anzi, generatrice di inesauribili desideri, e insaziabili, ma proprio per questo suggestive, domande.
La serata che gli alunni del Liceo Classico “E. Amaldi” hanno proposto, facendosi carico dell’intera organizzazione, ci rasserena, ci assolve almeno in parte dalla colpa, che sarebbe davvero immendicabile, di tenere i nostri giovani chiusi entro “dipinte gabbie” (la scuola in primis, ma anche una famiglia iperprotettiva), lontani dalla vita e, soprattutto, di essere indifferenti e incapaci di riconoscere e promuovere i loro “de-sideri”, i loro sogni. Al contrario, con e oltre le conoscenze e le competenze che scuola e famiglie contribuiscono a incrementare, com’è giusto che sia, abbiamo visto emergere con potente energia un universo variegato di talenti, drammaturgici, musicali, satirici - e persino autoironici -, ma anche, organizzativi, gestionali, e, soprattutto, relazionali.
Siamo stati compartecipi per alcune ore del loro viaggio nella conoscenza, che essi hanno appena intrapreso, ma che già li ha innamorati: noi adulti, che ci troviamo un poco più in là nel cammino, grazie a loro abbiamo avuto il privilegio di ricordare l’entusiasmo della partenza e il ricordo, ci insegna, ancora, il nostro Leopardi, è di per sé dolcissimo.
Indubbiamente, è possibile spiccare il volo solo se esiste un terreno da cui librarsi; si possono levare rami al cielo se esistono radici solide, ma né il terreno né le radici debbono costituire un limite: l’ostacolo, la “siepe”, l’errore sono lì a sfidarci; devono essere superati e allora persino il ”naufragio”, anche se il cuore “si spaura”, sarà dolce.
Ha potuto spiccare il proprio volo G. Leopardi, grazie alla sua sublime arte poetica, la “finzione“ (“io nel pensier mi fingo” ); ha potuto il giovane Laurent Ani.
Se non forniamo loro ali atte a volare correttamente e realizzare i loro personalissimi talenti, essi le fabbricheranno da sé, con grave rischio: costituiranno dei surrogati di felicità, labili e perniciosissimi. Icaro docet.
Il desiderio del volo è incontenibile, la sua retta direzione può essere orientata e il suo sano svolgimento costituisce per educatori, famiglia e istituzione scolastica, un imperativo irrinunciabile.
Aiutiamoli a costruire ali per volare ma anche radici per tornare.
Senza radici, senza sostanza, ma altresì senza sogni, davvero “la vita è male”.
«Voglio piuttosto essere infelice che piccolo, e soffrire piuttosto che annoiarmi, tanto più che la noia, madre per me di mortifere malinconie, mi nuoce assai più che ogni disagio del corpo.»
(G. Leopardi, “Epistolario”, “Lettera al padre”)
Collegamenti alle edizioni precedenti:
La notte del classico 2020
Ultima revisione il 17-09-2024