Il monologo di Medea in difesa delle donne
"Donne di Corinto, sono venuta fuori dal palazzo perché non abbiate da rimproverarmi qualche cosa: […]questa faccenda inaspettata piombatami addosso mi ha rovinato la vita; sono distrutta e, buttata via la gioia di vivere, desidero morire, amiche. Quello nel quale per me c’era tutto, lo so bene, si è rivelato il peggiore degli uomini, il mio sposo. Fra tutti gli esseri, quanti sono vivi e hanno raziocinio, noi donne siamo la creatura più tribolata: noi che innanzitutto dobbiamo comprare un marito con gran dispendio di ricchezze, e prenderlo come padrone del corpo, e questo è un male ancora più doloroso del male. E in questo sta la gara massima, prenderlo cattivo o buono. Infatti non danno buona fama le separazioni alle donne, e non è possibile ripudiare lo sposo. Quella poi giunta tra nuovi costumi e leggi, bisogna che sia un’indovina, se non ha appreso da casa con quale atteggiamento tratterà nel modo più appropriato il marito. E se con noi che ci affatichiamo in questo con successo, il coniuge convive, sopportando il giogo non per forza, la vita è invidiabile; se no, bisogna morire. Un uomo poi, quando gli pesa stare insieme a quelli di casa, uscito fuori, depone la noia dal cuore (volgendosi a un amico o a un coetaneo); per noi al contrario è necessario mirare su una sola persona. Dicono di noi che viviamo una vita senza pericoli in casa, mentre loro combattono con la lancia, pensando male: poiché io tre volte accanto a uno scudo preferirei stare che partorire una volta sola. Però non vale proprio lo stesso discorso per te e per me; tu hai questa tua città e la casa paterna e comodità di vita e compagnia di amici, io, poiché sono isolata e senza città, devo subire oltraggi da un uomo, dopo essere stata rapita da una terra barbara, senza avere la madre, né un fratello, né un congiunto per trovare un ancoraggio fuori da questa sventura. Tanto dunque io vorrò ottenere da te, se trovo una qualche via e mezzo per far pagare allo sposo il fio di questi mali (e a chi gli ha dato la figlia e a quella che ha sposato), ti prego di tacere. La donna infatti per il resto è piena di paura e vile davanti a un atto di forza e a guardare un’arma; ma quando sia offesa nel letto, non c’è altro cuore più sanguinario.” (vv. 214-270, trad. G. Ghiselli)
E' con questi versi, tratti dalla prima scena del primo Episodio della tragedia omonima in cui Medea descrive la triste condizione della donna, che cinque giovani attrici del Laboratorio Teatrale "Officina Mercuzio-Roberto Guerra" del nostro Liceo (Caterina Cumo, Sofia Gastaldo, Cora Maggi, Camilla Persano, Valentina Vasta) hanno messo in scena in maniera emozionante, con un flash mob improvviso, l'apertura dell' evento LE PAROLE PER CAPIRE, realizzato Mercoledì 27 novembre nella Sala Conferenze della Biblioteca Civica a cura della Consulta Comunale Per Le Pari Opportunità di Novi in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Apprezzatissima dal pubblico, una grande prova di autonomia, competenza e maturità che celebra anche i passi avanti del percorso di teatro civile compiuto da “Officina Mercuzio-Roberto Guerra” nei suoi dieci anni di vita.
Ultima revisione il 01-12-2024