Giorno del Ricordo

Buongiorno a tutti, mi chiamo Benedetta Canciello, frequento la 3ACL del Liceo Amaldi ed insieme alle mie compagne Benedetta Lombardi e Linda Dozi mi è stata data l’opportunità di preparare un piccolo intervento per questa giornata così importante, sperando che possa almeno minimamente aiutare a fare chiarezza sugli avvenimenti che oggi ci troviamo qui a ricordare.

Dopo la firma dell'armistizio, l'8 settembre 1943 in Istria e in Dalmazia i partigiani iugoslavi di Tito si vendicarono contro i fascisti che, nell'intervallo tra le due guerre, avevano amministrato questi territori con durezza, reprimendo e osteggiando le popolazioni slave locali. Fra il 1943 e il 1945, con alterne vicende, migliaia di italiani furono uccisi e spesso “infoibati”, gettati in cavita’ carsiche naturali chiamate "foibe", dall’esercito di Tito e dai suoi seguaci, che avevano occupato quella regione, prima parte del Regno d’Italia, con l’intento di annetterla alla nuova Repubblica Socialista di Iugoslavia.

Giovanni Radeticchio, uno dei testimoni oculari più noti di queste atrocità, ha fornito una descrizione agghiacciante delle modalità di esecuzione. Secondo le sue testimonianze, le vittime venivano catturate improvvisamente, spesso durante la notte, e portate nel luogo di esecuzione. Il più delle volte, si trattava di persone che non avevano avuto alcun processo giuridico e che, senza alcuna possibilità di difesa, venivano fucilate o gettate vive nelle foibe, dove andavano incontro ad una morte terribile. Egli racconta anche come questi crimini di guerra, purtroppo, venissero legittimati come atti di giustizia o come una giusta reazione alle violenze fasciste.

Le personalità vittime delle foibe erano uomini e donne, giovani e anziani, considerati “nemici del popolo” da parte dei partigiani jugoslavi di Tito sia in quanto legati al Partito Nazionale Fascista sia civili: infatti, uno degli scopi principali era quello di eliminare le persone che avrebbero costituito la futura classe dirigente italiana come politici, funzionari e ufficiali pubblici, magistrati, imprenditori, insegnanti, i quali venivano considerati come promotori della cultura italiana. Spesso queste esecuzioni avvenivano senza alcuna distinzione di età o di responsabilità individuale e per questo spesso erano colpite intere famiglie e bambini in quanto legati a qualcuno considerato come un nemico.

Emblematica è a questo proposito la storia di Norma Cossetto, che non solo ci ha colpito perché si tratta di una giovane ragazza molto vicina alla nostra età, ma perché le si prospettava davanti un futuro particolarmente brillante e felice. Era infatti una giovane studentessa istriana iscritta alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova con il sogno di diventare insegnante. Il suo destino cambiò tragicamente nel settembre del 1943, dopo l’armistizio italiano: infatti, Norma fu arrestata dai partigiani jugoslavi con l’accusa di collaborazionismo, solo perché era figlia di un funzionario fascista locale. Fu sottoposta a violenze indicibili, ma nonostante tutto, non rinnegò mai le sue origini e i suoi ideali. La notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943, venne caricata su un camion insieme ad altri prigionieri e portata nei pressi di Villa Surani. In questo luogo, venne gettata viva in una foiba. Quando il suo corpo fu ritrovato, i segni delle violenze subite raccontavano l’orrore di quegli ultimi momenti.

La giornata del ricordo ci lascia il compito di diffondere consapevolezza su questi atti di violenza che a lungo sono stati taciuti: deve continuare ad essere un'occasione di riflessione, perché troppo spesso riduciamo i singoli individui a delle cifre, spesso nemmeno sicure, e pensiamo che per commemorare basti riportarle. Questa non è vera memoria: è il ricordo di nomi, storie e volti che effettivamente rende giustizia agli uomini , alle donne e ai bambini che hanno perso la vita o la cui memoria è stata per sempre macchiata dagli orrori vissuti. Non abbiamo bisogno di numeri freddi che li facciano apparire quasi come una massa astratta, come se ognuno di loro non avesse avuto delle ambizioni, una vita, come se non fosse stato improvvisamente strappato dall’affetto dei propri cari. Sì è trattato di persone reali, come lo possono essere un nostro parente o un amico. Non parliamo unicamente di vittime dell'infoibamento, ma anche dei profughi che durante l'esodo istriano giuliano dalmata, lasciando la propria terra, sono stati inevitabilmente forzati ad abbandonare parte della propria identità. Se questa giornata esiste è anche per permetterci di sviluppare una visione più nitida, sulla storia e su ciò che avviene ogni giorno: perché se il passato è offuscato, di conseguenza non siamo capaci di guardare con chiarezza nemmeno il crudo presente.

Ultima revisione il 24-02-2025